La nostra associazione opera nell’ambito di quella che io chiamo la psicologia integrativa, cioè la capacità di intervenire sulla globalità della persona; cercherò quindi di esplorare il tema della sofferenza a trecentosessanta gradi.
Il titolo l’ho rubato ad un prete indiano che si chiama Antony De Mello; un discepolo lo interroga e gli chiede: "Maestro, come faccio a sapere se sono sulla retta via", come direbbe la cultura cattolica, nel dharma, direbbe la cultura buddhista, che è sempre comunque il retto cammino, il retto sentiero o se sto sbagliando? E il maestro risponde in maniera lapidaria e dice: "Se soffri stai sbagliando". E da qui partiremo.
Faremo un distinguo tra due concetti: dolore e sofferenza. Il dolore è un fatto oggettivo – la sofferenza è una reazione soggettiva o un’invenzione dell’immaginazione.
La bella notizia che vi do oggi è che gran parte della nostra sofferenza è virtuale.
Vediamo di capire prima alcune cose su come funziona la macchina umana e su come si genera il dolore e la sofferenza.
Il dolore è inevitabile, è possibile cercare di orientare pensieri, azioni, e comportamenti per ridurne al minimo le possibilità che accada, ma è inevitabile.
Il dolore fisico è basato sul fatto che tutte le cellule del corpo hanno delle terminazioni nervose che, tramite il dolore, servono a segnalare delle problematiche.
E vedremo anche qui, che, al di là dei nostri punti di vista, il dolore è una benedizione per la nostra anima, e per il nostro corpo è uno strumento di correzione, il mezzo attraverso il quale, posso evitare di carbonizzarmi la mano quando la metto sopra una stufa, se non avessi il dolore, non me ne accorgerei e potrei trovarmi con un moncherino carbonizzato; potrei morire dissanguato se non avessi la possibilità di accorgermi, tramite il dolore, che mi sono fatto un taglio; potrei distruggermi un osso senza rendermene conto e non poter più camminare.
Il dolore è inevitabile perché siamo animali costituiti in modo tale da usare il dolore come uno strumento di informazione; quindi il dolore è fondamentalmente un’informazione che, secondo Antony De Mello, ma non solo secondo lui, mi segnala che devo correggere la rotta, che sto sbagliando.
Entriamo per un momento in una valutazione logico razionale; quando io dico "Se soffro sto sbagliando", cerchiamo di uscire da una logica moralistica che chi sbaglia è colpevole, non stiamo lavorando per aumentare i nostri sensi di colpa. Ma è un concetto molto semplice: se io cammino e comincio a sentire un dolore pungente dentro alla scarpa, che cosa farò? Mi fermerò e cercherò di vedere che cosa c’è, se c’è un sassolino me lo tolgo e così camminerò meglio. Non è che ho colpa perché ho un sassolino nella scarpa, sento che c’è qualcosa che non va, che c’è un’informazione che non va secondo natura e mi assumo la responsabilità di questo e del possibile cambiamento.
Il dolore emozionale è inevitabile nel senso che siamo esseri umani sensibili, più o meno sensibili, ma siamo sensibili di natura, come i nostri muscoli e la nostra pelle, e così anche la nostra emotività è sensibile. Siamo soggetti ad un mondo in cui inevitabilmente affronteremo i lutti, le perdite che sono dolorose, naturalmente dolorose; tutto ciò che abbiamo lo perderemo e, anche se siamo consapevoli che lo perderemo, ci dispiace, procura una mancanza, un senso di vuoto. Ci possono essere delle situazioni che ci fanno arrabbiare, ci possono essere delle situazioni che ci fanno spaventare o sentire in colpa, questo, per certi versi, è inevitabile.
Posso lavorare molto per ridurre il dolore esistenziale, ma è impossibile pensare di vivere una vita anestetizzati, anche se c’è qualcuno che ci prova con le droghe, con l’alcool, i farmaci, per potere avere l’illusione di un’anestesia fisica ed emotiva. Ma in realtà non è proprio così semplice.
Il dolore, la delusione, la frustrazione intellettuale è abbastanza inevitabile: non sempre il mondo va secondo le nostre aspettative, non sempre il mondo è giusto secondo i nostri valori, ci sono delle ingiustizie, delle cose che ci possono ferire su un piano mentale e morale.
Diremo, in maniera concreta, che il dolore è un contenuto neutro. Neutro che cosa significa? Che il significato che io do a questo vissuto, il modo in cui io lo interpreto e reagisco, nel nostro linguaggio il contesto nel quale io mi pongo rispetto a questa cosa, può far sì che il dolore si trasformi in sofferenza, e può succedere che la sofferenza venga anche creata in totale assenza di dolore presente.
Per capirla dobbiamo soffermarci su questo concetto: la maggior parte degli umani non vive che pochi minuti al giorno completamente immersa nel presente, dove il corpo, i sensi, i pensieri e l’emotività sono totalmente collegati al qui ed ora. Già questa notizia, per molte persone, è sconvolgente, ma è così, la maggior parte delle volte sono con la testa da un’altra parte, sono sovrappensiero.
Nel prossimo articolo vedremo due forme di costruzione della sofferenza virtuale, legata alla nostra immaginazione: la prima dipende dalla mia interpretazione della realtà. La seconda dipende totalmente dalla mia fantasia.