Esiste un altro concetto elementare che i cinesi esprimono attraverso il simbolo del Tao, ma che può essere comprensibile da tanti punti di vista, che non c’è niente che sia assolutamente buono o cattivo. Se comprendiamo questi presupposti, se cominciamo a vedere la realtà con questa prospettiva nuova e reale, ci sarà più facile riconoscere come i nostri pensieri distorcono la realtà creando o aumentando la sofferenza esistenziale o situazionale. Torniamo sul fatto che la sofferenza è dovuta all’immaginazione. Quindi, ogni cosa che mi succede, in realtà produce un effetto oggettivo ed un effetto soggettivo.
Se l’Udinese perde, a molti di voi non gliene può fregare di meno, ma a me, che sono un tifoso patologico, può creare una sofferenza riguardo alle aspettative della mia squadra del cuore; ma la realtà è la realtà. I problemi sono i problemi, come quelli che la maestra ci insegnava a scuola: “la mamma di Pierino ha fatto la torta, Pierino ne ha mangiato cinque fette, quante fette rimangono”? I problemi sono questi, ma se poi il fratello di Pierino si dispera, perché non ne sono rimaste abbastanza, allora questo non è il problema, ma l’interpretazione del problema, è quello che io interpreto.
Non sono le cose della vita che causano sofferenza, ma è l’interpretazione delle cose della vita che causa sofferenza. Approfondiamolo ancora perché adesso entriamo in un aspetto tecnico: ricordate che la gran parte della sofferenza della nostra vita è frutto dell’immaginazione, e quindi è virtuale. E siccome noi abbiamo il 100% di potere di intervenire sulla nostra immaginazione, e abbiamo il 100% di potere di staccarci dalla nostra immaginazione, di stare nel reale, abbiamo il 100% di possibilità di vincere la sofferenza.
La gran parte del nostro tempo non la passiamo nel reale ma in una specie di cinema, di quelli multisala che vanno adesso di moda, in questo cinema ci sono i nostri pensieri e la nostra immaginazione. Non ce l’ho con l’immaginazione totalmente, perché l’immaginazione, come ogni cosa, possiede un lato luce e un lato ombra. L’immaginazione ci consente di fare tre cose: andare nel passato, andare nel futuro, costruire cose inesistenti, fantasticare.
Siamo generatori, tramite l’immaginazione, abituati a produrre sofferenza psichica sin dall’infanzia; non è naturalmente un meccanismo innato, è un meccanismo appreso, e, in quanto meccanismo appreso, può essere modificato, e questa è un’altra bella notizia. Una gran parte del tempo lo passiamo ad alimentare la sofferenza legata al passato; facciamo alcuni esempi: rancori, nostalgie, risentimenti, rimpianti, colpevolizzazioni.
Io sto soffrendo oggi per qualcosa che non è minimamente presente, ma la fregatura qual è? Che il film è virtuale, ma produce emozioni reali. Un po’ come quando faccio un incubo: mi sveglio tutto agitato, sudato, col cuore che batte, è una reazione organica reale; il corpo ha reagito come se fosse di fronte ad un vero pericolo, ma in realtà non c’è nessun pericolo perché sono a letto col mio orsetto.
La mente non distingue un’esperienza reale da una fortemente immaginata, questo si chiama "potere di suggestione"; se io immagino fortemente qualcosa di doloroso del passato, mi creo una sofferenza adesso, mi creo un’intossicazione del sangue, delle cellule; perché le nostre emozioni cambiano la chimica del nostro corpo, le emozioni negative creano tossine che intossicano il nostro corpo, più del salame con l’aceto o della grappa.
In questo caso io costruisco un film che provoca un’emozione reale, che provoca una reazione biologica reale, e che provoca una sofferenza reale ma la cui causa è totalmente immaginaria. Non so se è chiaro il gioco di parole: è reale perché sto male, ma non è reale perché non riguarda niente di quello che c’è.
Ci sono persone che vivono costantemente nei rimpianti, nei rimorsi, nel lamentare delle occasioni perdute. Maledicono la vita, la giornata, non per quello che c’è, ma per quello che è successo una volta. E’ come guidare la macchina guardando sempre lo specchietto retrovisore: può essere rischioso, si può andare a sbattere, si può andare fuori strada, non sia ha una meta precisa, ma, soprattutto, non si gode il viaggio.
Un’altra parte del nostro tempo la passiamo ad immaginare eventi catastrofici per il nostro futuro; o farci aspettative che possono crearci sofferenza o preoccupazioni.
Ci costruiamo una paura virtuale, una preoccupazione virtuale che può arrivare fino alla paranoia. Anche questa paura virtuale crea ansia reale. L’ansia è reale, i muscoli si tendono, il sistema nervoso si carica elettricamente, si crea un sovraccarico di stress, ma non è dato dal lavoro, non è dato dalla fame che sono problemi reali che possono capitare all’essere umano, ma dal nostro pensiero.
Costruiamo spesso anche fantasie catastrofiche, costruiamo dei pensieri negativi su di noi: autocritica, autosvalutazione, colpevolizzazioni; tutto questo è sofferenza inutile. Non è come il dolore nella scarpa che mi aiuta a correggermi, e quindi a camminare meglio; non essendoci un problema, essendo virtuale, tutto quello che penso è dispersione di energia, perché non ho un problema da risolvere, sto solo alimentando negatività, e questo è il vero errore da correggere.
Se vogliamo rimanere nel virtuale o stare al cinema, impariamo a dotarci di un telecomando. Il primo tasto importante da usare in questo telecomando è il tasto Off, cioè smettere di pensare. Noi stiamo nel virtuale piuttosto che nel reale perché è una via di fuga inconscia, noi preferiamo immaginare la vita, piuttosto che vivere la vita, immaginiamo l’amore piuttosto che vivere l’amore, preferiamo immaginare il successo piuttosto che vivere il fallimento e l’insuccesso. E quindi è proprio un rifugio la nostra fantasia, anche se è tossico, a volte le persone preferiscono stare in un rifugio fantastico tossico piuttosto che entrare nel gioco vero della vita.
Quindi la prima domanda da porsi è: “Come faccio a smettere di immaginare e cominciare a stare nella realtà? Perché siamo così alienati dalla realtà che ci piace di più il cinema della realtà? E ci piacciono più i film brutti della realtà? E’ una domanda filosofica ma anche psicologica.
Un’altra domanda sulla quale mi voglio soffermare è : Come si fa a premere Off e a stare qui? E’ una bella domanda. E quali sono i parametri per accorgermi se sono qui o là? Anche questa è una buona domanda.
Già stare nel reale ci toglie gran parte della nostra sofferenza, se poi impariamo a cambiare i film negativi autoprodotti e impariamo a riconoscere gran parte delle nostre interpretazioni distorte, abbiamo un dominio ancora superiore sulla nostra sofferenza.
E quindi, quando inizio a soffrire, se mi assumo la responsabilità che sto sbagliando, è che gran parte della mia sofferenza me la sono costruita coi miei pensieri, o è la conseguenza di azioni scorrette e di ciò che ho più o meno consapevolmente seminato, posso intervenire e correggere pensieri o comportamenti non funzionali. Il passato è già passato, il futuro non c’è ancora, perché dovrei affliggermi ora?
È importante sapere che nella natura umana la negatività è spontanea mentre la positività è un qualcosa su cui lavorare, richiede sforzo. Se non sapete questo vivete in un’altra illusione; è come avere un orto, non curarlo per dieci anni e sperare che sia diventato un orto botanico, un giardino; troverete due cose, dico sempre: o rovi e disordine o tutto secco, aridità, e questa legge di natura è una legge psicologica; se non curiamo il nostro giardino, i rovi, gli sterpi, le erbacce, la gramigna sono gratis, non occorre seminarle.
Quindi è importante sapere che noi produciamo negatività spontaneamente, per produrre positività ci vuole, quella che nel corso ISP chiamiamo la buona volontà, la dedicazione. Ci sono tre parole magiche in questo lavoro che chiamiamo: intenzione, attenzione e dedicazione orientati alla positività, a cui aggiungere il valore della competenza, sapere coltivare e far fiorire il mio giardino interiore; i nostri programmi servono proprio a questo. Se non ho l’intenzione di smetterla di soffrire, soffrirò, se non sono attento ai miei processi, i miei processi agiscono automaticamente e se non mi ci dedico con competenza, il mio orto non produrrà abbondanza, ma produrrà disordine o aridità. Questa è l’evidenza delle cose, non vi chiedo di credere, ma vi chiedo di osservare la realtà delle cose.
E’ utile inoltre imparare a sostituire e a decondizionare i film che ci fanno male e imparare a costruire i film che ci nutrono, che ci danno forza. Perché questa è la bella caratteristica dell’immaginazione, l’immaginazione da un lato può darmi negatività, ma dall’altro può darmi forza.
Esiste purtroppo il masochismo, ed è una malattia diffusissima, un attaccamento alla sofferenza ed una conseguente deresponsabilizzazione, cercando sempre qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa; questo è il segreto del vittimismo.
Invece, quello che noi cerchiamo di insegnare, anche se è poco romantico, è che se soffri stai sbagliando. Ed è una tua responsabilità perché o costruisci una realtà virtuale che crea sofferenza, o perché della realtà presente leggi solo l’aspetto negativo senza leggere anche quello positivo. Assumetevi la responsabilità dei vostri stati d’animo. Perché se siete responsabili, li potete modificare.
Se soffro sto sbagliando non è una colpa, significa solo che posso assumermi la responsabilità e correggere la rotta. Per avere una vita meno dolorosa e ricordandoci che la sofferenza è una maestra di vita perché ci insegna delle cose, ci fa capire delle cose.
Messaggio finale: se io divento responsabile della mia sofferenza, sono responsabile anche della mia felicità, che è l’unica cosa che mi interessa. Se io capisco la genesi dei processi che creano sofferenza, nel virtuale e nel reale, io posso sempre di più correggermi perché la mia vita, i miei pensieri, i miei stati d’animo portino benessere, felicità, positività, energia.
Viviamo in un mondo che ha totalmente interesse a saturarci di negatività; al sistema non interessa la positività, è scientifico; alle case farmaceutiche non interessa la nostra salute, non venderebbero una medicina se si interessassero alla nostra salute; se esistesse un farmaco che guarisse tutti i mali, lo sotterrerebbero subito al centro della Terra, perché non è "marketing oriented".
Solo la responsabilità e la buona volontà individuali possono aiutarci nel nostro processo di redenzione dal male e di elevazione verso la positività, l’amore, la felicità incondizionata. Chi ci conosce sa che tutto il mio lavoro e quello delle attività della nostra associazione verte su questi punti.
Buona riflessione.
"Che tu possa cancellare dalla tua vita le parole: odio, crimine, disillusione, tristezza, debolezza, malattia, impossibilità, tradimento, paura, orgoglio, invidia, avidità, falsità, scoraggiamento, rinuncia e vendetta, poiché sono esse la tela del ragno che abita la tua mente, inconsciamente alimentate dalla tua volontà. Che a partire da questo momento tu riempia il vuoto che si è aperto nella tua mente e nella tua anima con le parole: amore, fede, speranza, carità, pace, comprensione, certezza, fiducia, purezza, luce eterna."
CESAR ROMAO – Il giardiniere di Dio
1 Comment
Stavo cercando delle informazioni online (anche se so che non è il migliore dei modi per risolvere un male) perché da un po’ sto riassaporando l’ansia e digitando “film mentali ” mi è apparsa questa pagina. L’ansia, un sentimento che ho sempre provato e bene o male sono sempre riuscito a gestire, ma che in questo periodo di pandemia si è incattivito e mi ha tormentato. Nel suo scritto trovo cose molto confortanti. La ringrazio infinitamente, continuerò a seguirla.