Comunicare è un’esigenza primitiva.
Riuscire a farsi capire è una vera e propria impresa.
Come mai?
Sembra semplice: due persone e un messaggio che va da una all’altra.
La persona che vuole trasmettere il messaggio deve avere qualcosa da comunicare, forse questa è la parte più facile: pensare a qualcosa da dire.
Ecco che iniziano le prime difficoltà: codificare e formalizzare l’idea che si ha in testa attraverso un linguaggio di comunicazione, nel nostro caso si tratta della lingua italiana con la sua grammatica, le frasi idiomatiche e i regionalismi. Ecco che sopraggiungono le prime difficoltà. In aggiunta ai problemi linguistici, poi, c’è quel complesso intrecciarsi di idee, esperienze, giudizi e pregiudizi, concetti, rappresentazioni, insomma, tutta quella serie di filtri che crea la mente umana.
Ciò che abbiamo precedentemente creato, deve ora mettersi in viaggio verso l’altra persona: può essere una comunicazione diretta, telefonica, tramite chat … l’importante è trasmettere il messaggio.
Ora il messaggio viaggia verso il ricevente, con tutte le distorsioni dovute alla vita: la musica, i rumori esterni, le distrazioni, la poca concentrazione, lo stress, etc.
Ci siamo quasi, ora il messaggio è stato ricevuto e bene o male (molto spesso male) ora il pacchetto è pronto per essere aperto dal ricevitore.
Ossia interpretazione da parte del ricevente, ed è qui il fulcro della magia: quindi l’interpretazione del messaggio attraverso tutta una serie di filtri che in ognuno di noi determinano la nostra mappa del mondo ovvero la lettura della realtà. Ogni persona ha un diverso modo di interpretare la realtà. Basta pensare alla parola “albero” qualcuno può pensare ad un castagno, chi ad un ciliegio, altri all'albero di Natale, altri ancora possono pensare all'albero motore della macchina, etc. Questo dipende da come percepiamo la realtà attraverso i nostri cinque sensi, come la filtriamo attraverso l’ambiente di cui facciamo parte e dove siamo cresciuti, attraverso le esperienze che abbiamo vissuto nell'arco della nostra esistenza, degli stati d’animo che stiamo vivendo nel momento della comunicazione oltre al nostro livello socio culturale e linguistico. Quasi niente, eh?
Finalmente l’idea di chi trasmette è arrivata, in qualche modo, a chi ascolta (forse).
Il punto della situazione, ovvero la parte in cui effettivamente si fornisce un riscontro di quanto si sia realmente recepito o di come il messaggio originale sia stato distorto.
Un po’ come nel gioco: il telefono senza fili, questa è la parte in cui arrivati all'ultimo, si annuncia a tutti la parola compresa e in genere si conclude il tutto con una risata!
Insomma è la parte del feedback dove ci rendiamo conto se quello che io ti ho voluto dire corrisponde realmente a quello che tu hai capito. Sicuramente una parte importante se vogliamo comunicare in modo efficace.
Dopo aver letto questi 8 punti comunicare ti sembrerà un’impresa quasi impossibile!
TI chiederai: cosa posso fare per imparare a comunicare?
Eccoti qualche consiglio pratico per comunicare in modo efficace
La prima cosa da fare è assicurarsi che sia il momento opportuno per comunicare. Voglio dire, se la comunicazione non è assolutamente urgente del tipo “Attento che vai nel fosso!”, allora si può concordare assieme un momento da dedicare a questo simpatico processo di comunicazione e possibilmente sincerarsi di essere entrambi in uno stato d’animo il più possibile sereno e positivo. A questo proposito il Corso ISP, seminario di Integrazione Somato Psichica, offre uno strumento meraviglioso, le tecniche di respirazione consapevole, che ci aiutano a gestire le nostre emozioni e a mantenere la calma e la presenza anche durante conversazioni che ci creano tensione o disagio.
La seconda cosa da fare è applicare il Metamodello.
È uno strumento utilizzato per fare, prima di tutto, chiarezza in sè.
Infatti il primo passo per una comunicazione efficace è aver chiaro cosa si vuole trasmettere, cosa non sempre così ovvia.
Grazie ad una serie di domande di specificazione puoi raggiungere una formula che non presenti troppi fraintendimenti.
L’attenzione e l’ascolto attivo, sono ottimi alleati contro i rumori, le distrazioni e le interferenze.
La presenza nel qui ed ora, la mindfulness di cui si parla tanto, e che il Dott. Giacconi promuove ormai da 30 anni, sono altri ingredienti fondamentali per comunicare efficacemente.
Devo fare inoltre una precisazione doverosa, esistono 3 canali attraverso i quali la comunicazione si verifica:
consiste nel testo, ovvero il contenuto, le nostre parole, il senso del nostro discorso. Ecco, questo rappresenta solamente il 7% della comunicazione.
si riferisce al come lo diciamo, ossia il volume, il tono, il ritmo, la velocità, le pause e i silenzi. Questo conta il 43%.
si riferisce a tutto il resto, tutto ciò che riguarda i gesti, le posture, l’immagine, lo stato d’animo, le nostre sensazioni e tutto ciò che l’altra persona può percepire con i 5 sensi. Questo rappresenta il 50% della comunicazione.
Un esempio lampante dell’uso di questi tre canali di comunicazione e delle distribuzioni percentuali lo troviamo rappresentato nel personaggio interpretato da Tognazzi nel film “Amici miei”, in particolar modo nello spezzone riportato qui di seguito.
La sua micidiale congruenza tra paraverbale e non verbale gli permettono di non dire nulla, ma di farlo in maniera così disinvolta da renderlo credibile.
[Attenzione il seguente video contiene del linguaggio scurrile, ma divertente]
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La stessa tecnica usa anche l’attore premio nobel Dario Fo nella creazione del Grammelot, una sorta di linguaggio inventato inframezzato da qualche parola reale usato per raccontare.
Questo piccolo excursus sulla comunicazione non è che la punta dell'Iceberg, esistono centinaia di scuole di formazione che aiutano a esprimere al meglio i concetti.
Io, personalmente, sono dell’idea che sia importante prendersi le proprie responsabilità e fare tutto ciò che in nostro potere per migliorare le nostre capacità di relazione con gli altri. Questo uno dei motivi che mi ha spinto a frequentare il corso ISP per la prima volta.
Imparare a conoscere se stessi, prima degli altri, per poter crescere e rendere l’esigenza primitiva qualcosa di meno complicato.